giovedì 19 luglio 2012

Edgar Allan Poe, il poeta maledetto

di Roberto Mancini

Edgar Allan Poe nasce a Boston, nel 1809, da una famiglia benestante che vanta ascendenze di tutto rispetto: suo nonno materno, infatti, fu quartier mastro generale durante la guerra d’Indipendenza americana, e amico del generale Lafayette; il suo bisavolo aveva sposato una delle figlie del generale McBride, vera personalità di spicco dell’intera società anglosassone. 
Suo padre, David Poe, proviene da una famiglia altolocata e inizia la carriera teatrale per amore della bellissima attrice Elizabeth Arnold Hopkins, mollando tutto per lei. Si tratta di una storia d’amore splendida che però presto deve fare i conti con la dura realtà; arrivano i problemi economici che riducono alla fame la coppia e i loro tre figli, tra cui il piccolo Edgar. La forte indigenza causa la morte dapprima di David, poi della bella Elizabeth.
Edgar, però, ha connotati stupendi e di spicco: occhi verdi penetranti, una fronte spaziosa, corpo proporzionato e voce melodiosa. Possiede una grande intelligenza e rilevanti capacità ammaliatrici. Un negoziante della città, John Allan, lo nota e decide di adottarlo facendolo vivere nell’agiatezza e permettendogli di frequentare il celebre collegio londinese di Stoke-Newington, descritto poi nella novella William Wilson. È il 1815; nel 1820 tornerà in America e frequenterà l’università.
È l’inizio di un lungo cammino all’interno del tunnel dell’alcool che lo accompagnerà sino alla morte.
Edgar è cacciato dall’università per i troppi debiti di gioco accumulati. Perde ingenti cifre intorno al tavolo da gioco a causa della sua ubriachezza. Matura come scrittore ma la bottiglia rimane la causa dei suoi mali e del continuo degrado al quale è sottoposto, incapace di superare l’assenza della figura materna nella sua infanzia.
Nel 1827 pubblica la sua prima raccolta; nel 1830 entra a West Point, ma anche da lì è scacciato per gravi infrazioni disciplinari; nel 1835 scrive sulla rivista Southern Literary Messanger e pubblica i primi racconti sul Courier.
Si trasferisce a casa della zia Maria Clemm e s’innamora, ricambiato, della cugina Maria che presto sposerà. La loro situazione economica però non è delle migliori; Edgar scrive e beve, pubblica I Racconti del grottesco e dell’arabesco, nel 1845 Il Corvo e le altre poesie lo rendono noto in tutto il continente americano.
Nel 1847 Maria muore a seguito di una grave malattia. È l’inizio di un periodo doloroso e delirante durante il quale lo scrittore mantiene un pensiero lucidissimo nonostante i fumi dell’alcool. La sofferenza è troppa e la bottiglia è l’unica amica di Poe; colto da una sorta di furore ambulatorio, si trasferisce da New York a Baltimora, poi a Filadelfia, Boston e ancora a Baltimora e Richmond. La sua mente rimane nitida ma inevitabile arriva il delirio e l’onirico è spesso confuso con la realtà; Edgar si rifugia nelle peggiori bettole di Baltimora, dove a 40 anni trova la morte.
È il 1849. Dopo l’ennesima bevuta si accascia in terra ed è portato, senza che nessuno lo riconosca, in ospedale. Nessuno sa di chi sia quel corpo solitario; l’identificazione avviene in seguito e inizia il cordoglio. Qualcuno ne approfitterà per bacchettare la sua vita dedita all’alcool, altri per criticare le sue opere. La verità è che nessuno, nella sua epoca, capì il genio di Poe. Sarà necessario un secolo perché gli sia riconosciuto quanto meritato.

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